Cerimonia di apertura del 25° anno di attività

07.10.2009

Dalle ampie finestre affacciate sul cortile neoclassico si vedono quattro strepitose magnolie; dentro tanti camici bianchi prestano attenzione in rispettoso e ordinato silenzio. L’incontro con la stampa è stato l’avvio di una serie di iniziative volte a ricordare la storia della Vozza e a sostenerne i programmi.
Nei prossimi mesi e per tutto il 2009, fra concerti, mercatino d’autunno e assemblea generale, saranno numerose le occasioni per far conoscere l’attività dell’Associazione a favore degli ammalati e dell’Ospedale.

«Ho quasi ottant’anni – ha esordito il Professor Vozza –. Ne ho passati qui trenta come Primario, e poi tanti altri per creare e far crescere questa Associazione. In questo lungo arco di tempo ho visto trascorrere diversi modelli di solidarietà. Ho conosciuto la beneficenza tradizionale dei ricchi e potenti che donavano per larghezza, ma anche per farsi notare oppure per farsi perdonare o per cercare di costruirsi qualche merito per l’aldilà. Quella generosità, pur d’altri tempi, non è tuttavia da schernire: attraverso lasciti e donazioni essa ha formato quegli ingenti patrimoni che per generazioni hanno sostenuto gli ospedali pubblici.
Ho apprezzato la bravura dei religiosi, sempre presenti fra le corsie. Ma adesso – ha aggiunto il Professor Vozza – siamo di fronte a un nuovo tipo di solidarietà fra cittadini e fra uguali. I volontari aiutano e confortano dei malati che sono persone come loro, solo più sfortunate. Senza compenso donano il loro tempo e la loro opera, impegnandosi così a far sentire tutti meno soli, non solo i malati».

Nel concludere il fondatore dell’Associazione ha delineato un preciso programma di sviluppo: il trasporto degli ammalati, da casa all’Ospedale e ritorno. «Gia adesso offriamo questo servizio e siamo gli unici a farlo gratis. Ma vogliamo estenderlo. Per questo sollecitiamo l’aiuto della stampa, delle autorità e di tutti i cittadini sensibili. È un impegno necessario, che va di pari passo con la riduzione dei periodi di degenza e con le necessità sempre più
frequenti per i pazienti di tornare all’Ospedale per cure, controlli, visite, esami. Si capisce che non tutti ce la fanno, per debolezza, povertà, solitudine. E con i mezzi pubblici per gli ammalati è un supplizio».

«Nell’aiutare gli altri aiutiamo noi stessi». Fulvio Scaparro ha spiegato così il doppio dono del volontario. «È un errore credere di potersi salvare dalla solitudine, dall’ansia o dalle preoccupazioni chiudendosi in se stessi, fuggendo i problemi per dedicarsi esclusivamente ai propri desideri. Le difficoltà personali sono al contrario più facilmente superabili nel confronto e nell’apertura verso altri che magari hanno guai anche peggiori. In questo modo si supera una condizione opprimente e si conquista una migliore sicurezza personale».

«C’è una forte integrazione fra i sanitari e i volontari: l’Associazione è ormai diventata una componente organica della struttura ospedaliera». L’ha detto Gerolamo Corno, il Direttore generale del Fatebenefratelli, che ha poi aggiunto: «La collaborazione è anche assai efficace nelle fasi di riorganizzazione come quelle che l’Ospedale sta traversando.
I volontari accompagnano il percorso clinico degli ammalati con un valore aggiunto di umanità pressoché unico fra i grandi ospedali lombardi. Per questo – ha affermato il Direttore – credo che sia giunto il momento di assumere il formale impegno dell’Azienda ospedaliera a sostenere l’Associazione nelle sue necessità».


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